Ripartire dall’esperienza per progettare la cura

È fondamentale il tema della patient experience e dell’importanza di progettare i servizi sanitari attorno al paziente, attraverso la creazione di un ecosistema che metta il cittadino al centro del percorso di cura (approccio patient centered), focalizzandosi su ciò che realmente crea valore per lui, in un’ottica lean.

In letteratura esistono varie definizioni di Patient Experience: il Patient Experience Journal che ne ha individuate ben 18[1]. Qui ci rifacciamo alla definizione più nota che è quella del The Beryl Institute che la definisce in questo modo:

We define the patient experience as the sum of all interactions, shaped by an organization’s culture, that influence patient perceptions across the continuum of care.

Ovvero

“Definiamo la patient experience come una somma di tutte le interazioni, a cui dà forma la cultura organizzativa, che influenzano le percezioni del paziente attraverso il continuum della cura”.

Il continuum della cura

Immaginiamo il continuum della cura vissuto da un cittadino, il quale può ricevere vari tipi di assistenza sanitaria e sociale, come ad esempio prevenzione, ricoveri, assistenza domiciliare, telemedicina, muovendosi attraverso percorsi, organizzazioni e servizi a domicilio o sul territorio.

Torniamo ora alla definizione di patient experience e puntiamo il nostro focus su queste parole che ne compongono la definizione: “somma delle interazioni” “cultura organizzativa” e “percezione del paziente”.

L’esperienza del cittadino nei suoi percorsi di cura è allora il risultato di qualcosa di estremamente individuale e soggettivo, legato ai touch point, ovvero alle tappe del suo percorso, alle persone e ai professionisti che incontra, ai processi e all’ambiente che attraversa e in cui vive. L’esperienza di cura diventa in questo senso una “multisfaccettata e olistica esperienza umana[2]”.

La patient experience come nuovo linguaggio di interoperabilità?

Al tempo stesso però siamo in presenza di qualcosa di estremamente frammentato, l’esperienza del comune cittadino nel suo percorso di salute può essere resa difficoltosa dai vari snodi che incontra dai paradigmi culturali ed organizzativi che pervadono organizzazioni e aree disciplinari.

Tutto ciò può diventare più fluido se governiamo le relazioni e i collegamenti tra i vari nodi attraverso la riprogettazione di questi percorsi in cui, le tecnologie digitali, possono diventare un booster.

Ma non solo: la Patient Experience così intesa potrebbe dare vita non solo una dimensione e ad un paradigma, ma ad un vero e proprio linguaggio comune, che decisori, istituzioni e player del mondo della sanità potrebbero adottare ed utilizzare per la creazione di concetti e linguaggi condivisi, reali e digitali, affiancandoli ai protocolli di interoperabilità.

La visione olistica

Questa visione olistica e umana rientra pienamente nel paradigma One Health così inteso dalla World Health Organization: un approccio interdisciplinare, collaborativo e unificante che mira a bilanciare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di persone, animali ed ecosistemi.

Sulla stessa linea la definizione dell’ISS di One Health:

La One Health è un approccio ideale per raggiungere la salute globale perché affronta i bisogni delle popolazioni più vulnerabili sulla base dell’intima relazione tra la loro salute, la salute dei loro animali e l’ambiente in cui vivono, considerando l’ampio spettro di determinanti che da questa relazione emerge.

Progettare l’esperienza di cura: dal macro al micro

Ecco perché la progettazione dell’esperienza del paziente dovrebbe sempre tenere presente l’approccio one health, proiettandosi alternativamente attraverso il continuum macro-micro, dove il “macro” è rappresentato dall’ambiente, dalle reti e dai network dei professionisti e delle organizzazioni che curano, mentre con “micro” intendiamo la micro-interazione, quella che quasi quotidianamente pervade tutti i nostri step in questo percorso della salute globale. L’uno non dovrebbe mai essere tralasciato a favore dell’altro in quanto vivono insieme e sono interdipendenti.

L’approccio one health digital rappresenta l’evoluzione di questo approccio one health, reinterpretato in chiave digitale: reti, connessioni, strumenti, governance dei dati, per favorire la collaborazione tra discipline e professionisti, per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini attraverso il digitale. Quali migliori strumenti se non quelli digitali possono infatti permettere non solo di guidare il cambiamento, ma anche di governarlo?

Verso il future health digital

Guardiamo ora alle innovazioni che si stanno rapidamente diffondendo in vari ambiti, una su tutte l’intelligenza artificiale, ma pensiamo anche alla realtà aumentata. Ambienti di virtual reality possono essere utilizzati già oggi ad esempio per il training dei medici che debbano operare in ambienti ostili.

Algoritmi sono stati utilizzati sin dall’emergenza Covid per misurare il rischio del contagio e l’andamento dell’epidemia. Oggi le applicazioni dell’intelligenza artificiale sono già numerose e vanno dai chatbot che aiutano il paziente in fase di prenotazione della prestazione, al supporto al medico nella diagnostica per immagini.

Guardando a tutte le opportunità future offerte dalla tecnologia nascente, in un’ottica “espansiva”, vediamo un nuovo paradigma futuro che potrebbe prendere vita in una sorta di “Future Health Digital”.

Conclusioni

L’esperienza di noi esseri umani è globale, e globale è la salute che riguarda l’individuo, le sue relazioni e l’ambiente in cui vive. I paradigmi One Health identificano un approccio olistico, che considera uomo, ambiente e territorio come un unicum.

La progettazione del percorso di cura, che riguardi i servizi o la loro digitalizzazione, deve tenere conto di questa visione “macro-micro” e spostarsi lungo di essa, come uno zoom, attraverso il continuum della cura.

A fronte di un unicum del nostro vissuto, l’esperienza di cura può al contempo però risultare frammentata a causa della molteplicità di nodi e reti in cui spostiamo, e ai differenti linguaggi e paradigmi che governano queste reti di servizi e di professionisti, così come le relative organizzazioni ed apparati in cui operano.

Quindi, OneHealth, può essere inteso anche come “Many as one”. Infatti, l’esperienza del paziente si sviluppa dentro molti servizi, col contatto con diversi professionisti. Quindi, la sfida che il digitale ci aiuta ad affrontare è dare un’esperienza “unitaria” alla persona, facilitando comunicazioni e scambi informativi, preservando e valorizzando differenze che rientrano nella natura molteplice dei servizi per la salute.

Per questo chi si occupa di progettazione dei sistemi informativi, per farlo al meglio dovrà partire dalla patient experience, analizzando macro e microprocessi, immaginando e disegnando i nuovi scenari “espansi” dell’esperienza digitale del paziente nella “future health”.


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Bibliografia

[1] Defining Patient Experience, A, Wolford, V. Niederhauser, D. Marshburn, L. LaVela, Patient Experience Journal Vol.1 2014.

[2] Reexamining “Defining Patient Experience: the human experience in healthcare” J.A.Wolf, V. Niederhauser, D. Marshburn, S.L. LaVela – Patient Experience Journal. 2021; 8 (1): 16-29.