Perché è così difficile accedere ai nostri dati sanitari, sia da parte nostra che da parte dei medici e degli operatori sanitari a cui ci affidiamo con fiducia?
Fino a qualche anno fa il motivo era semplice e facilmente comprensibile: le informazioni erano tutte riportate su carta e frammentate in cartelle cliniche e diari medici completamente scollegati tra di loro.
Oggi, nell’era digitale – nonostante l’uso della carta sia ancora impiegato in maniera considerevole per raccogliere informazioni sanitarie – quali sono i fattori che rendono ancora così difficile la costituzione di un Fascicolo Sanitario Elettronico del cittadino che permetta a ciascuno di noi di essere in possesso della propria dettagliata storia clinica e alle istituzioni sanitarie di poter analizzare su base demografica quelli che sono le tendenze e i fabbisogni della popolazione in termini di servizi sanitari e assistenziali?
Le barriere a un simile scenario sono sostanzialmente due: da un lato la difficoltà di condividere informazioni molto sensibili, che richiedono un elevato livello di sicurezza in termini di privacy, dall’altro la mancanza di interoperabilità delle informazioni disponibili in formato digitale.
Interoperabilità elettronica e sanità
In questo frangente non ci soffermeremo sui problemi di privacy, nonostante ci sia un evidente contrasto tra la necessità di proteggere le informazioni riservate e la necessità di accedervi tempestivamente in situazioni di emergenza.
Parleremo invece di interoperabilità. L’interoperabilità in sanità è la capacità di due o più sistemi – applicazioni software o dispositivi sanitari – di scambiarsi informazioni in modo sicuro affinché tutti siano in grado di comprenderne in maniera precisa il significato. Una metafora semplice ma efficace per comprendere l’importanza dell’interoperabilità e perché non la possiamo dare per scontata è il racconto biblico della Torre di Babele. Nella Genesi si può leggere che ci fu un tempo in cui gli uomini decisero di costruire una torre alta fino al cielo e il Signore, allora poco indulgente, si risentì della cosa e fece in modo che le persone impegnate nella costruzione iniziassero a parlare lingue diverse e non si capissero più. La confusione che ne nacque non permise ovviamente di completare la costruzione.
Dobbiamo quindi pensare al servizio sanitario come ad una grande e complessa costruzione, composta da componenti digitali molto diverse tra di loro, che oggi parlano nella maggior parte dei casi lingue diverse e lo stesso concetto viene scritto e descritto in modo differente con codifiche e valori numerici che due o più sistemi diversi non sono in grado di scambiarsi in maniera reciprocamente comprensibile, al fine di costruire un unico e coerente insieme di informazioni.
Dobbiamo operare al contrario della storia della Torre di Babele. Partiamo oggi da un insieme di sistemi che non dialogano perché parlano lingue diverse e per ottenere un unico insieme di componenti in grado di dialogare dobbiamo agire su quattro livelli:
I quattro livelli dell’interoperabilità sanitaria
Interoperabilità tecnologica: è quella più semplice da capire ed è la capacità dei sistemi di collegarsi tra di loro e scambiarsi informazioni. Questo in realtà è stato un problema fino a qualche anno fa, ma lo è sempre meno con l’affermarsi di applicazioni nate e progettate per il web e capaci di comunicare tramite opportuni servizi.
Interoperabilità sintattica: riguarda la struttura con cui sono state compilate le informazioni. Si tratta di un aspetto molto importante: un sistema potrebbe memorizzare l’indirizzo in un unico testo:
Indirizzo: “Via Tal dei Tali, 1, 92024 Canicattì (AG)”
mentre un altro dividerà le informazioni in modo più strutturato:
- Indirizzo: “Via Tal dei Tali”
- Numero civico: 1
- CAP: 92024
- Comune: Canicattì
- Provincia: AG
È importante osservare che i due sistemi, pur contenendo le stesse informazioni, non sono interoperabili perché il secondo, più raffinato, sarebbe in grado di concatenare le proprie informazioni per trasferirle nel formato del primo, ma il primo non sarebbe in grado di fornire con la dovuta sicurezza e precisione le proprie informazioni al secondo perché l’indirizzo potrebbe essere inserito in molti modi diversi, ad esempio: “Canicattì – Via Tal dei Tali 1 (92024)”
Interoperabilità semantica: l’interoperabilità sintattica è fondamentale ma non è sufficiente quando si vogliono esprimere dei concetti precisi. Nell’esempio precedente il concetto di CAP è legato alla tabella dei codici di avviamento postale associati ai Comuni e due sistemi diversi sono in grado di comprenderne il significato perché questa è una codifica standard riconosciuta, ma se in una diagnosi viene descritta la patologia come “Cancro al midollo” oppure come “Neoplasia maligna al midollo osseo” un medico sarà in grado di capirne l’equivalenza ma un sistema digitale – che non è un essere umano – considererà questi due concetti diversi. Per ovviare a questo problema è possibile, come nel caso del CAP, ricorrere a dei sistemi di codifica unanimemente riconosciuti.
In Italia il sistema di codifica delle patologie riconosciuto da Ministero della Sanità è la classificazione ICD9 (International Classification of Diseases, revisione 9) e in questa classificazione esiste un codice 202.9 che identifica in modo chiaro e univoco il concetto di “Neoplasie maligne midollo osseo”. I sistemi digitali dovrebbero sempre utilizzare codifiche di questo tipo per le classificazioni, al posto di testi descrittivi che non sono interoperabili perché soggettivi.
Interoperabilità organizzativa: questo tipo di interoperabilità spesso non viene citato ma è molto importante. Una volta definita la sintassi (forma) delle informazioni e il loro significato (classificazioni) è importante capire anche in che contesto le informazioni vengono prodotte. Le organizzazioni moderne devono sempre più organizzarsi in processi e definire delle procedure all’interno delle quali avvengono delle azioni o degli eventi che alimentano il sistema con delle informazioni. Se per esempio viene misurata più volte la pressione durante una prova da sforzo, ha poco senso che queste informazioni vengano inserite insieme ad altre misurazioni a riposo per stabilire quale sia la pressione media della persona, questo solo per fare un esempio pratico di come sia importante che le informazioni vadano contestualizzate all’interno del processo che le ha prodotte.
Interoperabilità nella sanità: la situazione attuale
Purtroppo, oggi siamo molto lontani dal raggiungimento di questi quattro livelli e i sistemi ospedalieri e il Fascicolo Sanitario Elettronico si scambiano e raccolgono dei documenti PDF utili per il personale sanitario per poter accedere a diagnosi e referti ma che rendono difficile se non impossibile fare analisi e ricerche strutturate sui dati.
In realtà fin dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso è nata un’organizzazione – Health Level 7 (HL7) – che si è posta fin da subito l’obiettivo di costruire uno standard per i messaggi che i sistemi digitali dovrebbero scambiarsi in ambito sanitario. Le codifiche HL7 sono oggi ampiamente utilizzate ma spesso la mancanza di formati sintattici e semantici precisi e omogenei porta a memorizzare interi PDF perdendo così la possibilità di condividere informazioni precise e correttamente codificate.
Questo problema è irrisolvibile e lo sarà fino a quando le informazioni saranno memorizzate nella babele dei database in cui ogni azienda produttrice di software per la sanità inventa la propria lingua per descrivere le informazioni.
FHIR: un modello di standard per l’interoperabilità nei sistemi sanitari
La buona notizia è che oggi qualcosa è cambiato. Proprio HL7, forte della propria esperienza nella standardizzazione e nell’interoperabilità dei dati in sanità ha proposto un nuovo modello: Fast Healthcare Interoperability Resources (FHIR: si pronuncia come la parola fire [ˈfī(ə)r] – fuoco in inglese)
FHIR non è un sistema di messaggi ma un vero e proprio repository clinico dove tutti i documenti (resources) che riguardano pazienti, operatori sanitari, organizzazioni, diagnosi, terapie, piani di cura ect hanno un formato standardizzato, come standardizzate sono le operazioni di inserimento, modifica e ricerca dei documenti.
In Zucchetti Healthcare negli ultimi tre anni abbiamo progressivamente sostituito le componenti della cartella clinica e del dossier socio-sanitario dell’utente dei servizi adottando lo standard FHIR proprio per dare un contributo forte e tangibile al raggiungimento dell’interoperabilità tra sistemi sanitari.
Questo sistema, adottato dalla Regione Friuli Venezia Giulia, per la gestione della Sanità Territoriale e dei servizi di Assistenza Domiciliare, è oggi interamente basato sullo standard FHIR e quindi le informazioni sono accessibili e riutilizzabili senza nessun bisogno di conversioni e trasformazioni da parte nostra o di soggetti terzi.
L’adozione di FHIR viene inoltre oggi promossa dai tavoli di lavoro sul PNRR Missione 6 e rappresenta una potenziale rivoluzione per riuscire a costruire realmente un Fascicolo Sanitario Elettronico del cittadino ed elaborare – grazie alle tecnologie Big Data e all’Intelligenza Artificiale – l’analisi dei bisogni della popolazione e costruire di conseguenza sistemi sempre più efficaci ed efficienti di cura e assistenza.
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