Uno sguardo verso il futuro
Resilienza può essere una delle parole che ci porta a guardare verso il futuro? Sicuramente oggi è un termine molto, forse troppo, utilizzato. E come accade spesso, quando una parola passa da essere dominio di pochi studiosi a essere usata da tutti e in diversi contesti, rischia di svuotarsi di significato.
Così, il termine resilienza ha guadagnato popolarità negli ultimi anni (probabilmente attorno al 2011), uscendo dall’ambito tecnico e specialistico e “cavalcando la particolare attrattiva ‘metaforica’ che è in grado di esercitare”1.
Provando a recuperare alcuni contenuti al fine di darne il giusto valore, possiamo affermare che, pur non essendoci una definizione univoca del termine la resilienza è qualcosa di più della resistenza, perché è collegata all’accettazione e alla riparazione.
È trasformazione, è impegno verso il recupero e uno sguardo diverso, che si focalizza sulle risorse e meno sul danno subito2. Una definizione utile a vari contesti può essere la seguente: “capacità di un oggetto (o un soggetto) di resistere a un evento traumatico (come un urto o un evento stressante) senza danni o perdite, oppure di superare tale evento, riformandosi o rigenerandosi”3.
Trasformare le difficoltà in nuove possibilità
Pertanto, il concetto centrale è quello della capacità di oggetti, soggetti e sistemi di mettere in atto azioni per modificare sé stessi in conseguenza di un avvenimento esterno negativo. È quindi un modo per trasformare le difficoltà in nuove possibilità4.
Non può prescindere dalla sua caratteristica principale, che è l’evoluzione verso qualcosa di nuovo, di diverso. È per questo che può essere un ponte verso il futuro, anche quando il tempo che stiamo vivendo ci impone un ancoraggio al presente e una risposta a innumerevoli sollecitazioni e richieste contingenti.
Resilienza individuale vs organizzativa
I due grandi ambiti, che qui ci interessano, sono quelli della resilienza individuale e della resilienza organizzativa. La prima si caratterizza come “la forza delle persone che, nonostante siano ferite, si considerano non vittime ma utilizzatori delle proprie risorse e si preparano a recuperare le risorse necessarie per affrontare il futuro con speranza progettuale”5.
La seconda può essere descritta come “la capacità di un’organizzazione di continuare a essere operativa ed efficiente a fronte di eventi stressanti o ‘catastrofici’ che possono colpirla; essere resilienti significa rimanere altamente produttivi anche nelle turbolenze e nelle difficoltà, significa capitalizzare esperienze e far tesoro di esse così come dei propri errori per guardare avanti con energia, fiducia nei propri mezzi e voglia rinnovata di superare positivamente nuove sfide”6.
La resilienza: risultato o processo
Per entrambi, persone e organizzazioni, può essere applicato il concetto di resilienza come risultato o come processo. Se la vediamo come un risultato, la resilienza può essere definita come un’abilità di bounce-back, adatta per superare un evento critico; mentre se è vista come un processo diventa una capacità di costante apprendimento per aumentare le possibilità di affrontare i rischi futuri.
Nel primo caso (risultato) la resilienza si svilupperebbe dopo un evento critico, mentre nel secondo (processo), si può sviluppare anche prima dell’evento critico. In questo modo abbiamo due scenari: bouncing-back e bouncing-forward, cioè un ritorno allo stato precedente l’evento oppure un “andare avanti”.
Nello scenario bouncing-back ci si limita a un percorso di recovery, perlopiù passivo e orientato a ripristinare il pregresso, senza ridurre i fattori di rischio e implementare azioni preventive. Invece nello scenario bouncing-forward, vi è un ruolo maggiormente attivo e si ha un’evoluzione.
Nella tabella (tratta da Pennini A., Armellin G., L’organizzazione resiliente. L’esperienza dell’emergenza CoViD-19 in ambito sanitario e socio-sanitario, FrancoAngeli, 2021) si evidenziano queste due possibilità di interpretare la resilienza.
Tabella 1 – Sintesi degli scenari, prospettive, azioni e conseguenze della resilienza organizzativa come risultato e come processo.
La prospettiva individuale-organizzativa della resilienza va letta in un’ottica di reciproca influenza. Persone resilienti costruiscono organizzazioni resilienti. Però, a loro volta, le organizzazioni resilienti, coltivano questa competenza nelle persone che vi sono all’interno.
Sviluppare la resilienza
Ci sono due strade: la prima è quella che prevede di “prendere dall’esterno” persone resilienti e portarle all’interno dell’organizzazione; la seconda è quella che prevede di sviluppare questa competenza in chi è già nell’organizzazione.
È chiaro che la prima risulta impraticabile se consideriamo che i meccanismi di selezione delle persone non prevedono di verificare fra le competenze in ingresso in un’organizzazione quella di resilienza.
Inoltre, se la resilienza viene considerata solamente come una modalità spontanea di affrontare la vita, che non necessita di percorsi di formazione dedicati, probabilmente non verrà inserita nei percorsi di studio di vario ordine e grado.
Pertanto, è conveniente pensare che le organizzazioni si attrezzino per sviluppare questa competenza inserendola nei propri piani di sviluppo delle persone. La responsabilità individuale verso un’evoluzione personale e professionale che includa anche la resilienza non viene a decadere, però è opportuno pensare che le organizzazioni programmino piani di sviluppo su questo aspetto.
Questi piani dovrebbero includere sia attività di formazione, sia attività di accompagnamento e coaching. In questo modo lo “sguardo al futuro” diviene più concreto, perché si mette nella cassetta degli attrezzi anche questa competenza diffusa per affrontare la complessità e le sfide.
Agnello [et al]7, a tal proposito affermano che la natura proattiva di un sistema resiliente risiede nello sviluppo di capacità e abilità che rendano le persone in grado di prevedere i possibili esisti negativi e fornire risposte forti a segnali deboli e rispondervi adeguatamente.
Pertanto, lo sviluppo del potenziale di resilienza nelle organizzazioni andrebbe visto su diverse traiettorie:
- nella catena individuo, gruppi e organizzazione nel suo insieme, coinvolgendo in modo diversificato i livelli manageriali rispetto a quelli operativi;
- nel sostegno alle CPS (Competenze Professionali Situate) che sono quelle competenze composte da aspetti cognitivi, relazionali e tecnici inscindibili, e in interazione e applicati (situati) in uno specifico sistema socio-tecnico complesso8;
- nello sviluppo delle 4R (Robustness, Redundancy, Resourcefulness, Rapidity)9 all’interno delle dimensioni denominate TOSE (Technical, Organizational, Social ed Economic) come evidenziato nella tabella 2.
Tabella 2 – Sintesi delle 4R e delle dimensioni TOSE
Le tre traiettorie si integrano e si completano e ci chiedono di considerare la resilienza come uno strumento e una possibilità di sviluppo, che coinvolge persone e sistemi.
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Riferimenti bibliografici
[1] https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/lelasticit%C3%A0-di-resilienza/928– ultimo accesso del 17 febbraio 2022. [2] Ferraro Bologna G., Gualtieri M.G., Costruire resilienza insieme, FrancoAngeli, Milano, 2019, p. 31 [3] Laudadio A., Mazzocchetti L., Fiz Perez F.J., Valutare la resilienza. Teorie, modelli e strumenti, Carocci, Roma, 2011, p. 22.[4] Ferraro Bologna G., Gualtieri M.G., Costruire resilienza insieme, FrancoAngeli, Milano, 2019, p. 30 [5] Casula C., La forza della vulnerabilità. Utilizzare la resilienza per superare le avversità. FrancoAngeli, Milano, 2011, p. 26 [1] Laudadio A., Mazzocchetti L., Fiz Perez F.J., Valutare la resilienza. Teorie, modelli e strumenti, Carocci, Roma, 2011, p. 76
[6] Agnello P. [et al.], Promuovere la sicurezza nelle organizzazioni attraverso manager resilienti, INAIL, Quaderni di Ricerca, numero 14, settembre 2017 [7] Agnello P. [et al.], Promuovere la sicurezza nelle organizzazioni attraverso manager resilienti, INAIL, Quaderni di Ricerca, numero 14, settembre 2017
[8] Bruneau M. [et al.], A Framework to Quantitatively Assess and Enhance the Seismic Resilience of Communities, Earthquake Spectra 19(4) November 2003