Si moltiplicano i progetti di telemedicina in Italia. Nel corso del 2020 il Servizio Sanitario Nazionale è stato messo a dura prova dalla pandemia sanitaria e ha mostrato i suoi tanti problemi, i quali si sono trasformati in veri e propri drammi nei momenti più acuti dell’emergenza.
Il sistema ha infatti dimostrato di non poter contare su un numero sufficiente di medici per garantire la necessaria assistenza ai pazienti in una situazione critica, mancanza che è stata raddoppiata anche sul fronte del personale infermieristico. Proprio per cancellare queste pericolose lacune si è iniziato a parlare con maggiore insistenza della diffusione della telemedicina in Italia.
Le voci in favore di una modernizzazione della medicina in tal senso si levano in ogni dove: il segretario per le Marche della Federazione Italiana Medici di Medicina Generale Massimo Magi, ad esempio, spiega sulle pagine de Il Fatto Quotidiano che «la telemedicina è il nuovo orizzonte della sanità, indispensabile per potenziare la medicina di prossimità limitando il sovraccarico delle strutture sanitarie».
La telemedicina: una veloce definizione
Prima di parlare della diffusione della telemedicina in Italia può essere utile spiegare che cosa si intende con questo termine, il quale del resto circola fin dagli anni Settanta. Mezzo secolo fa Thomas Bird usò per primo questa parola per riferirsi alla “pratica della medicina senza l’usuale confronto fisico tra medico e paziente, utilizzando un sistema di comunicazione interattivo e multimediale”.
Più di recente l’OMS ha definito la telemedicina come “l’erogazione di servizi di cura ed assistenza, in situazioni in cui la distanza è un fattore critico, da parte di qualsiasi operatore sanitario attraverso l’impiego delle tecnologie informatiche e della comunicazione per lo scambio di informazioni utili alla diagnosi, al trattamento e alla prevenzione di malattie e traumi”.
Nel 2011 la Commissione Ministeriale per la Telemedicina ha sottolineato che non si tratta in ogni caso di una ‘nuova’ medicina, bensì della medicina che tutti conosciamo, che si avvale però delle nuove tecnologie.
La diffusione della telemedicina in Italia durante l’emergenza sanitaria
E se durante gli anni scorsi ci si è spesso limitati a domandarsi come mettere in pratica la telemedicina in Italia, il Covid-19 ha impresso una forte accelerazione a questo processo, con tante innovative applicazioni di telemedicina in tutto il Paese.
Le soluzioni di medicina a distanza hanno aiutato non poco il settore sanitario: il rapporto “Connected Care ed emergenza sanitaria” dell’Osservatorio del Politecnico di Milano sottolinea che tre medici specialisti su quattro hanno dichiarato che le soluzioni di Telemedicina hanno avuto e potranno avere un ruolo determinante nella gestione dell’emergenza.
Con un software per il telemonitoraggio dei pazienti è possibile per esempio tenere sotto controllo i pazienti a domicilio, per avere la garanzia di intercettare tempestivamente eventuali segnali di peggioramento senza però affollare gli ospedali, attivando in caso di emergenza le procedure per un ricovero immediato.
Con le moderne soluzioni di telemedicina è possibile rilevare i parametri vitali dei pazienti ed effettuare dei video consulti, il che permette, tra le altre cose, di non esporre ai pazienti più fragili al rischio di contagio, potendo effettuare buona parte delle visite da casa. L’utilità delle soluzioni di telemedicina durante l’emergenza sanitaria è quindi indubbia. Ma come sarà la situazione in futuro, una volta superata la pandemia?
Le prospettive per il futuro
I risultati ottenuti finora fanno pensare che le novità introdotte nel campo della telemedicina siano solo i primi passi di un lungo percorso, con le aziende di telemedicina che mettono a punto i necessari software e hardware pronte a perfezionare le proprie soluzioni.
Basti pensare che prima dell’emergenza solamente il 17% dei Medici Di Medicina Generale (MMG) utilizzava delle soluzioni di telemedicina per dei teleconsulti, mentre ora il 76% è interessato a utilizzarle anche in futuro.
Inoltre, alla fetta del 33% dei MMG che utilizzavano degli strumenti di telemedicina in passato, si aggiunge una fetta consistente del 62% di coloro che l’Osservatorio del Politecnico definisce come “convertiti”, ovvero medici che non hanno utilizzato in precedenza queste soluzioni ma che lo faranno in futuro.